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Web Mag

WEB MAGAZINE Estate 2014

Ogni stagione è una novità di informazioni, consigli, curiosità per vivere la tavola in modo creativo e sorprendente!

Lazio

Sedano bianco di Sperlonga
Di colore verde chiarissimo, quasi bianco – da qui il nome – e dalla forma compatta e costoluta, il sedano bianco di Sperlonga è apprezzato per il suo cuore tenero e particolarmente saporito e per le coste croccanti e prive di filamenti. Sono le caratteristiche pedoclimatiche del terreno di coltura a regalargli questo sapore così particolare: il sedano bianco di Sperlonga si coltiva nei terreni vicino al mare, altamente salini, compresi tra i comuni di Sperlonga e Fondi, con tecniche ancora oggi prevalentemente manuali e a basso impatto ambientale. Il sedano bianco di Sperlonga si apprezza al meglio a crudo: in pinzimonio o abbinato a formaggi freschi.

 

Carciofo romanesco
Il carciofo è diffuso nell’area dell’Italia centrale già dai tempi degli Etruschi i quali, secondo gli storici, ne affinarono la coltivazione a partire dal cardo selvatico. Lungo il litorale romano nell’area compresa tra Ladispoli e Cerveteri, si coltiva una varietà particolarmente delicata e pregiata: il carciofo romano. Questo carciofo – detto anche mammola – ha forma tonda ed è completamente privo di spine. La parte commestibile della pianta è il fiore, con il suo cuore centrale tenero e dalle foglie serrate. Rispetto alle comuni varietà spinose, il carciofo romano ha il vantaggio di avere poco scarto, proprio grazie alle foglie tenere e delicate. Si presta quindi particolarmente bene ad essere cucinato ripieno, anche se la tradizione lo vuole semplicemente cotto a fuoco lento e condito con olio extravergine, aglio, pangrattato, prezzemolo, sale e pepe.

 

Ricotta romana
Latte fresco intero di pecore Sopravvissana, Massese e Comisana allevate al pascolo esclusivamente sul territorio dell’agro romano, siero e poco sale: questi gli ingredienti della ricotta romana. Delicata e dal sapore quasi dolce che la contraddistingue da quella a base di di latte vaccino, la ricotta romana ha una struttura molto fine e colore bianco marcato. Ottima spalmata su pane casereccio e condita con un filo di extravergine e pepe nero, grazie al suo sapore delicato si presta bene ad entrare nella preparazione di dolci o ad essere accompagnata semplicemente con un filo di miele.



Abruzzo

Confetti di Sulmona
La tradizione della canditura di mandorle e noci a Sulmona risale al Medioevo e altrettanto antica è la consuetudine di farne dono in occasione dei matrimoni, tanto che già dal XV secolo le Clarisse del Monastero di Santa Chiara di Sulmona confezionavano i primi mazzolini di confetti avvolti in nastri di seta, da donare alle spose della nobiltà abruzzese. Si radica così a Sulmona questa dolcissima tradizione artigianale, tanto che già nel 1846 la cittadina abruzzese vanta ben 12 laboratori di confetti. Caratteristica del confetto di Sulmona è la preparazione artigianale con solo scippo di zucchero di altissima qualità, senza uso di amidi o farine, e le fantasiose lavorazioni a fiore di confetto che lo hanno reso famoso nel mondo.

 

Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio
La Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio appartiene ad una varietà antica e si coltiva negli aridi terreni di montagna del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, ad un’altezza compresa tra 1200 e 1450 metri. La sua caratteristica principale è la sua dimensione estremamente minuta che le permette di cuocere in soli venti minuti e senza ammollo. Particolarmente saporita, la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio viene coltivata ancora con metodi tradizionali nel territorio compreso tra i comuni di Santo Stefano di Sessanio, Barisciano, Calstelvecchio, Castel del Monte e Balascio.

 

Pecorino canestrato di Castel del Monte
Il pecorino canestrato di Castel del Monte storicamente era legato alla transumanza delle greggi ovine abruzzesi che durante i mesi invernali i pastori portavano dal Gran Sasso verso i pascoli più miti del tavoliere delle Puglie, importando poi in Abruzzo anche la tradizione del formaggio pecorino. Al latte crudo di pecora si aggiunge sale e caglio di agnello o capretto. La cagliata viene poi messa in forma nei caratteristici canestri, che ne lasceranno impressa la forma sulla crosta. Durante la stagionatura, che può durare da un minimo di due mesi fino ad un anno, i casari ungono regolarmente la crosta dei pecorini con olio di oliva, per mantenerne la pasta morbida. Il risultato è un pecorino dal sapore pronunciato, quasi piccante nelle forme più stagionate: ottimo come antipasto in abbinamento alle olive o grattuggiato sulla pasta.

 

Sedano bianco di Sperlonga
Ricotta romana
Confetti di Sulmona
Pecorino canestrato di Castel del Monte



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